Ormai è ufficiale: il Trattamento di Fine Rapporto, ossia quello che i lavoratori percepiscono in più dai loro datori una volta concluso il rapporto di lavoro, dal marzo del prossimo anno (con effetto retroattivo a gennaio) finirà nella busta paga, ma non sarà così per tutti.
Intanto la richiesta è volontaria e potrà essere fatta dal dipendente privato che sia stato assunto da almeno sei mesi. Sono esclusi dal beneficio i collaboratori domestici, i lavoratori agricoli e i dipendenti di aziende in crisi. E una volta effettuata la scelta, non può essere revocata almeno per tre anni.
La quota che può essere anticipata in busta paga è quella che sta maturando, ossia quella che solitamente viene destinata alla previdenza complementare e l’anticipazione sarà mensile, non in un’unica soluzione. E visto che il governo ha deciso di tassare la quota di Tfr in busta paga applicando le aliquote Irpef ordinarie, sarà conveniente per i lavoratori con un reddito fino a 15 mila euro mentre subiranno un prelievo fiscale superiore fiscale quelli al di sopra di questa soglia.
E se per i redditi che vanno dai 15 mila euro lordi ai 28.650 la differenza di imposizione è sostenibile, oltre questa soglia la richiesta di anticipo non conviene perché sarebbe tassata al 38% con oltre 300 euro di tasse in più l’anno.
Quindi sembra chiaro che conviene soltanto a quelli che non guadagnano più di 24 mila euro. Rimane però da capire, cosa che il governo al momento non ha ancora spiegato, se chi chiederà l’anticipo avrà ancora diritto al bonus di 80 euro introdotto pochi mesi fa.