TFR – acronimo di Trattamento di Fine Rapporto – denominato anche buonuscita o liquidazione è quella somma di denaro che viene corrisposta dal datore di lavoro al proprio lavoratore dipendente nel momento in cui cessa il rapporto lavorativo. In altri termini, è una retribuzione differita che il lavoratore matura gradualmente – di anno in anno – in base al proprio lavoro e all’ammontare della retribuzione.
Tuttavia il lavoratore dovrà scegliere – e ciò dipende esclusivamente dalle proprie esigenze personali – se:
- LASCIARE IL TFR IN AZIENDA, e poi riscuoterlo al termine del rapporto lavorativo
Oppure
- DESTINARE IL TFR AD UN FONDO PENSIONE tramutando, così, la somma accantonata in pensione.
Il lavoratore dipendente che decide di lasciare il TFR in azienda, quando si concluderà il rapporto lavorativo, otterrà la liquidazione dell’intero TFR maturato fino a quel momento (art. 2120 del Codice Civile). Il lavoratore, che invece ha indirizzato l’intero TFR ad un fondo di previdenza complementare, nel momento in cui raggiungerà i requisiti per andare in pensione, riceverà la rendita maturata nel corso degli anni (per legge il 50% di quanto maturato).
E in caso di decesso prima del pensionamento?
Ecco, in linea generale, quanto espletato dalla legge: in caso di decesso prima del pensionamento la posizione pensionistica individuale è riscattata dagli eredi del lavoratore deceduto ovvero dai diversi beneficiari da lui indicati. In mancanza di tali soggetti la posizione è devoluta a finalità sociali se il lavoratore deceduto era iscritto ad una forma pensionistica individuale mentre, se era iscritto ad una forma pensionistica collettiva, resta acquisita al fondo pensione.
Il TFR si determina accantonando, per ciascun anno, una somma pari al 6,91% della retribuzione lorda. Gli importi sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso che viene determinato sommando un coefficiente fisso, pari all’1,5%, ed uno variabile, pari al 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo fissato dall’Istat.
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