Oltre 930mila lavoratori in cassa integrazione dall’inizio dell’anno sono il dato più evidente di una crisi occupazionale dalla quale l’Italia non riesce decisamente ad uscire e che deve trovare in fretta una risposta da parte del governo, oltre che degli operatori del settore.
Le cifre sono tanto eloquenti quanto impietose: secondo i numeri forniti dalla Cgil nel 2011 la perdita complessiva di reddito è stata pari a poco meno di 3 miliardi di euro netti (di poco superiore ai 2 miliardi 800mila). Pro capite per ogni lavoratore che è rimasto a ‘zero ore’ da gennaio ad oggi senza poter riprendere a produrre significa un mancato introito di 5.982 euro.
E soprattutto non si vede la luce in fondo al tunnel. A fine luglio, sempre secondo i dati della Cgil, erano aperte ben 187 trattative tra parti sociali e aziende, alle quali ora se ne sarebbero aggiunte almeno altre quattro e ce ne sarebbe almeno ancora una novantina aperta, per un totale di 250mila lavoratori interessati, anche se quelli veramente a rischio sarebbero un quinto. Andando ad esaminare il solo settembre c’è stato un lieve calo che potrebbe far pensare ad una timida ripresa, anche se in realtà la situazione è ancora in stallo.
Soprattutto per le aziende maggiori coinvolte non si vedono segnali di ripresa produttiva e quindi una volta scaduto il periodo di Cassa Integrazione tutti i lavoratori coinvolti passeranno al licenziamento. Ovviamente è anche a questo che stanno lavorando i sindacati d’intesa con il ministero dello Sviluppo Economico che intanto in questi giorni è anche alle prese con il ‘Decreto’ che dovrebbe far ripartire la nostra produzione ma che ogni giorno trova sulla sua strada ostacoli nuovi (l’ultima è la polemica sul possibile condono).
Tra le grandi aziende coinvolte nella ‘Cassa’ c’è ad esempi la Fiat, con alcuni distinguo: sono state aperte le procedure per i lavoratori di Fiat Irisbus mentre nulla è ancora stato deciso per quelli dello stabilimento di Termini Imerese, anche in attesa che se ne dedica il futuro utilizzo. Fincantieri invece aveva previsto un piano con 2.400 esuberi poi accantonato dopo le molte proteste e cortei dei dipendenti in tutta Italia, ma comunque a rischio ci sarebbero almeno 1.500 dipendenti; stesso discorso per l’Ansaldo Breda che ha 500 dei 2.400 lavoratori in Cassa.
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