Il nostro governo si è messo duramente a lavoro, dopo le numerose sollecitazioni dell’Unione Europea è stato finalmente elaborato il piano che dovrà far tornare nella giusta rotta l’Italia: tutti in pensione ad almeno 67 anni nel 2026, sia uomini che donne, e licenziamenti più facili per le aziende in crisi economica. Questo è quanto contenuto nella lettera che Silvio Berlusconi ha recapitato in prima persona a Bruxelles, e che preannuncia i provvedimenti che saranno contenuti nella riforma del lavoro, da approvare entro Maggio 2012.
“E’ moralmente senza nessuno ritegno l’idea che una crisi, originata dalla speculazione, la si paghi con i licenziamenti facili” le reazioni al provvedimento suicida non si sono fatte attendere, Guglielmo Epifani, ex segretario generale della Cgil e ora presidente dell’istituto Trentin, non è andato certo per le leggere “altro che indignados” afferma “se tu rendi ancora più facili i licenziamenti quando la crisi già li facilita, è evidente che fai una cosa che è il contrario di ciò che andrebbe fatto, contrario perfino alla logica. Quindi totalmente inaccettabile”.
Da parte sua, il governo giudica la prossima riforma della legislazione del lavoro come “funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell’impresa”, ma come è possibile incentivare l’assunzione tramite i licenziamenti, e quali benefici in efficienza possono avere le imprese?
Bè, chi tiene le redini del nostro parlamento non è uno sprovveduto ed è in arrivo la promozione dei contratti di apprendistato e di inserimento delle donne. Indaghiamo allora su questo apprendistato, prevede innanzitutto l’alternanza tra lavoro e formazione, possono dunque essere assunti in generale i giovani tra i 15 e 24 anni, sempre che abbiano assolto l’obbligo scolastico. Il contratto può essere attivato da aziende operanti in tutti i settori di attività, permettendo loro di ottenere agevolazioni contributive, ed ha una durata che va da un minimo di 18 mesi ad un massimo di 48 mesi.
Non è tutto qua, per gli apprendisti, essendo considerata ‘parte della retribuzione’ il momento formativo, è dovuta una contribuzione ridotta rispetto a quella degli altri lavoratori. In sostanza, chi ci guadagna da questo quadro di riforme sembrano essere le sole imprese, o meglio ‘i pochi’ che ne sono titolari, per loro son previste agevolazioni mentre alla massa dei lavoratori sono chiesti altri estremi sacrifici.
“Questo è il rovesciamento inaccettabile delle responsabilità e delle conseguenze che nessun paese può accettare, tantomeno il sindacato italiano!” Epifani prevede una risposta sindacale molto forte, il nostro auspicio è che il sindacato sia unito nella rivendicazione del diritto al lavoro.
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