L’Istat lancia un nuovo allarme sull’occupazione in Italia in particolare per quello che riguarda il lavoro giovanile. Le cifre relative a settembre dimostrano come il numero dei disoccupati sia pari a 2.774.000, ossia la cifra livello più alta dall’inizio delle serie storiche mensili partite nel 2004 e dall’avvio di quelle trimestrali, in pratica dal quarto trimestre del 1992.
Un primato negativo che rappresenta un aumento del 24,9% su base annua, pari a 554 mila unità, mentre su base mensile si registra un rialzo del 2,3%, pari a 62 mila unità. Inoltre il tasso di disoccupazione a settembre è del 10,8%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su agosto e di 2 punti su base annua. Rappresenta il tasso più alto da gennaio 2004 mentre per le serie trimestrali è il più alto dal terzo trimestre 1999.
A destare maggiore preoccupazione resta la disoccupazione giovanile: infatti gli occupati tra i 15 e i 24 anni hanno fato registrare a settembre un calo del 35,1%, in aumento di 1,3 punti percentuali su agosto e di 4,7 punti su base annua. Inoltre in questa fascia le persone alla ricerca di un lavoro sono 608 mila. Complessivamente gli occupati sono 22,937 milioni, in diminuzione dello 0,2% rispetto ad agosto, ovvero di 57 mila unità. Una cifra che complessivamente si presenta invariata su base annua facendo quindi comprendere come ci sia una stagnazione evidente. E ancora, il numero degli individui inattivi tra i 15 e i 64 anni presenta un tasso di inattività pari al 36,3%, stabile in termini congiunturali, ma in diminuzione di 1,3 punti percentuali su base annua.
A settembre l’occupazione maschile ha fatto segnare una variazione negativa sia in termini congiunturali (-0,6%) sia su base annua (-1,5%) mentre quella femminile è aumentata dello 0,3% rispetto al mese precedente e del 2,2% nei dodici mesi. Quindi il tasso di occupazione maschile, pari al 66,4%, cala rispetto ad agosto di 0,4 punti percentuali e su base annua di 1,0 punti. Quello femminile, pari al 47,4%, cresce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 1,1 punti rispetto a dodici mesi prima.