Colpa della crisi, di uno stato assente o più semplicemente di cattiva gestione poco importa. Il fatto essenziale è che il 2012 è stato un annus horribilis per il mondo del lavoro, con un dato impressionante per quel che riguarda i licenziamenti pari a 1.027.462, con un aumento del 13,9% rispetto al 2011.
Sono i dati ufficiali del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha raccolto tutti i numeri dell’anno chiuso da poco pubblicando quelli complessivi accanto a quelli dell’ultimo trimestre del 2012: da essi risulta che tra ottobre e dicembre sono state effettuate 2.269.764 assunzioni di lavoratori dipendenti o parasubordinati, ossia 139.788 in meno rispetto allo stesso trimestre del 2011, con un calo del 5,8%.
Il maggiore decremento tendenziale delle assunzioni è del 5,4% nei Servizi (ossia pari a -98.771 unità), ma soprattutto dell’11,7% nell’Industria (-39.973 nuovi contratti), suddiviso sia nel comparto edile (18.244 attivazioni in meno) sia nell’industria legata a questo settore (-21.729 nuove attivazioni). Male anche il comparto agricolo che ha ridotto le nuove assunzioni di circa mille unità nel 2012.
Complessivamente i rapporti di lavoro cessati sono stati 3.205.753: 1.534.795 hanno riguardato donne e 1.670.958 uomini. E’ ovvio che si parla di licenziamenti, quindi le interruzioni dei rapporti di lavoro, e non quante siano le persone licenziate perché possono esistere casi di lavoratori che nel 2012 abbiano sottoscritto e concluso anche più contratti a tempo determinato oppure abbiano scelto di licenziarsi per mettersi in proprio. A questi comunque vanno aggiunti i circa 1,8 milioni di lavoratori che hanno vissuto la cassa integrazione, gli 1,5 milioni che sono andati avanti con un assegno di disoccupazione e i 2,7 milioni di disoccupati certificati dall’Istat. Come a dire che il quadro complessivo non è certo confortante e i dati del primo trimestre 2013, prossimi in arrivo, non potranno che attestarlo.