Tra il 10 e il 18 per cento. E’ questa la differenza in busta paga che trovano ancora in Italia, a parità di qualifica e di posto di lavoro, le donne rispetto agli uomini. Un gap ingiustificato se non da retaggi ancora antiquati che dimostra più d’ogni altro come il reale problema in fondo non siano le ‘quote rosa’ quanto piuttosto l’uguaglianza.
I dati sono stati resi noti durante un convegno del Cnel ed emergono da un’approfondita ricerca sul ‘gender pay gap’ (ossia in differenziale retributivo per genere umano) curata da Emiliano Rustichelli dell’ISFOL. Quella emersa nello studio, condotto sul salario orario di 10mila lavoratori e lavoratrici dipendenti, è ovviamente una media, che si innalza profondamente quando si tratti di assunzioni nel campo finanziario e delle imprese mentre la forbice è molto più contenuta nel campo del settore alberghiero e nei lavori interinali.
In particolare nelle imprese la differenza di stipendio tra uomini e donne con lo stesso impiego si attesta al 22,4% mentre nel campo finanziario è addirittura del 26,1%. Al contrario nel campo della ricettività alberghiera scende al 3,3% per arrivare all’1,2%, quindi quasi in sostanziale parità, quando si tratti di lavori temporanei. La media invece tra i lavoratori dipendenti, qualsiasi sia il genere nel quale si muovano, è pari al 7,2%.
La differenza resta particolarmente elevata tra le donne meno scolarizzate che arrivano a guadagnare quasi il 20% in meno rispetto ai loro colleghi e per chi abbia almeno la licenza media comunque si attesta attorno al 15%. E non è soltanto un problema di età, legato magari alle abitudini scolastiche d’un tempo quando le ragazzine erano costrette ad entrare nel mondo del lavoro molto presto, ché anche le Under 20 sono penalizzate almeno dell’8,3% rispetto ai loro coetanei, media di poco più bassa rispetto alle lavoratrici adulte per le quali la differenza è del 12,1%. L’unica fascia nella quale la differenza si fa più bassa è quella da 30 a 39 anni, con una discrepanza salariale del 3,2%.
Considerando la media degli stipendi non stupisce che la forbice sia più accentuata al Nord e molto meno nelle regioni del Sud Italia. Quanto alle mansioni, il gap maggiore è fra gli operai specializzati (20,6%), seguiti da impiegati (15,6%), dirigenti e imprenditori (13,4%). Un divario ‘inaccettabile’, come sottolinea lo Cnel. Ma ancora molto attuale.
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