Maurizio Sacconi, attuale Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, difende la nuova riforma della legislazione sul lavoro, portando avanti una ferma condanna all’opposizione dei sindacati. Con le nuove norme la disoccupazione salirebbe all’11,1% contro l’attuale 8,2: Cgil, Cisl e Uil non ci stanno.
L’unico modo di difendere una riforma tanto impopolare è attaccare a spada tratta, Sacconi lo fa rievocando tempi bui di un Italia passata “Ho paura ma non per me perché sono protetto. Ho paura per persone che potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che nel nostro paese non si è del tutto estinta. Oggi vedo una conseguenza, dalla violenza verbale a quella spontanea e organizzata che mi auguro non arrivi ancora anche all’omicidio come è già accaduto, l’ultima volta dieci anni fa con il povero Marco Biagi, nel contesto di una discussione simile a quella di oggi”.
Il riferimento è alle dure parole con cui tutti i sindacati, uniti per la prima volta dopo troppo tempo, hanno contestato la proposta di riforma di legge e annunciato scioperi generali in nome della difesa del lavoro e dei lavoratori.
Sacconi riesce a far barricate davanti alla norma che va ad agevolare i licenziamenti alle aziende in crisi economica, affermando “Il termine licenziamenti facili è falso. Il Governo sta lavorando alle protezioni dei lavoratori”. Una misura di protezione che, come l’intera riforma, si ispirerebbe ad uno studio del giuslavorista Ichino, deputato Pd. Proprio l’avversario politico di Sacconi spiega, in un intervista pubblicata dal quotidiano ‘Libero’, come ai lavoratori licenziati si dovrebbe garantire per 3 anni una completa copertura dello stipendio, con un’agevolazione mensile che gli aiuterà finché non troveranno una nuova occupazione.
Riassumendo, il governo da la possibilità alle aziende private di procedere ai licenziamenti con minore difficoltà, in modo che possano evitare il fallimento, arrogandosi l’impegno di sostenere finanziariamente le famiglie rimaste senza stipendio. La domanda è: con quali soldi?
I sindacati, in primis la leader della Cgil Susanna Camusso, non hanno nessuna intenzione di prestar orecchio alle promesse, la parola licenziamenti non fa parte del loro vocabolario: la lotta è solo all’inizio.
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