L’Europa guarda al mondo del lavoro italiano e non emerge un quadro confortante: quasi il 30% dei giovani sono senza un’occupazione e quasi la metà invece di quelli che riescono a trovarla comunque vagano nel girone dei precari, come emerge dal rapporto ‘Employement Look’ redatto dall’Ocse che comprende Paesi di tre continenti industrializzati.
Ovviamente sullo stato occupazione italiano continua a pesare la crisi economica mondiale, ma intanto dobbiamo fare i conti con un tasso di disoccupazione nella fascia tra i 15 e i 24 anni salito di oltre 9 punti percentuali, dal 20,3% del 2007 al 27,9% del 2010. Così come è aumentata la percentuale di lavoratori precari: erano il 42,3% nel 2007, il 43,3% nel 2008, il 44,4% nel 2009 e lo scorso anno hanno toccato il 46,7% nel 2010.
Inoltre nel nostro Paese l’integrazione delle donne nel mondo del lavoro stenta ancora a decollare: l’occupazione femminile è ferma al 46,3%, con uno squilibrio evidente tra il Nord che vanta un discreto 56% con un imbarazzante 30% a fronte di un obiettivo europeo del 60% che era stato sancito dal trattato di Lisbona.
Soprattutto l’occupazione femminile è nella maggior parte dei casi solo a tempo parziale. In Italia infatti il 76,6% dei lavoratori part time è donna, così come il 31,1% dei posti di lavoro occupati da donne sono a orario ridotto, ossia con meno di 30 ore settimanali, contro il 6,3% tra gli uomini. Anche sul capitolo salari l’Italia viaggia come fanalino di coda in Europa: la media degli stipendi nel 2010 è stata di 36.773 dollari, pari a 26.688 euro, inferiore sia al livello medio nell’Ue che è pari a 41.100 dollari che a quello dell’Eurozona che sale a 44.904. E ancora, come sottolinea l’Ocse, il 46% della crescita di disoccupati a lungo termine è rappresentata da lavoratori non specializzati, segno che per loro gli investimenti non ci sono.
Secondo l’Ocse “la legislazione del mercato italiano in materia di lavoro scoraggia le assunzioni, in particolare a tempo indeterminato, ostacolando in tal modo la ripresa. Al fine di promuovere la creazione di posti di lavoro e diminuire la dualità del mercato, bisognerebbe prevedere una riforma dei contratti di lavoro che dovrebbe concentrarsi principalmente a ridurre l’incertezza del contesto normativo”.