Tre anni per cancellare almeno un milione di posti di lavoro. Sono quelli riservati ai giovani che tra il 2008 e il 2011 hanno visto diminuire le possibilità soprattutto fra gli Under 35, con un crollo secco pari al 14,8%. E se si prendono in considerazione solo quelli tra 15 e 24 anni il calo è anche più netto, pari a 303 mila unità, ossia il 20,5%.
Sono gli ultimi dati Istat che fotografano una situazione occupazionale devastante considerando soprattutto che fa il paio con l’aumento dei lavoratori nella fascia 55-64, aumentati di 376 mila unità, pari al 15% in più. Quasi un cambio alla pari che però non sa di compensazione, visto che per i più longevi tra loro tra un po’ si parlerà di pensione, mentre i giovani dovrebbero avere tutta una vita lavorativa davanti.
Una delle possibili cause è stata identificata nella mancanza di contratti di lavoro a tempo indeterminato per le fasce più giovani. Dall’altra parte c’è l’invecchiamento della popolazione italiana e l’aumento progressivo dei requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione, che hanno costretto gli occupati a rimanere ancora più a lungo sul posto di lavoro, in particolare quando si tratti di donne.
I lavoratori dipendenti under 35 con un posto fisso si sono ridotti in tre anni di 747 mila unità, con 190mila in meno nel solo 2011. Viene così ufficialmente sancita una vera e propria sotto occupazione della popolazione giovanile italiana, con un tasso di occupazione tra 15 e 24 pari al 44,7% che risulta il più modesto da almeno otto anni a questa parte. A questo va aggiunto il dato femminile, soprattutto nelle zone del Sud Italia, che vede attualmente disoccupate oltre tre ragazze su quattro. Ma è una crisi generale, visto che in quella fascia di età il tasso di occupazione maschile è pari solo al 39,5% a fronte del 61,5 nelle regioni del Nord.
E francamente non sembra che la riforma del lavoro voluta dal governo Monti sia in grado di ribaltare in fretta e soprattutto in maniera pesante questa situazione.