“Lavoro, il vero augurio per il 2012, buon anno!”. Lo ha scritto il segretario della Cgil Susanna Camusso su Twitter ed in effetti quello dell’occupazione, insieme alle pensioni, è il tema più caldo e delicato che il governo Monti è chiamato a regolare, anche in tempi brevi.
Al di là delle possibili riforme per incentivare soprattutto il lavoro giovanile questo 2012 intanto si apre con diverse situazioni delicate per crisi aziendali che si trascinano da sin troppo tempo senza aver trovato ancora soluzioni favorevoli. In particolare al ministero dello Sviluppo Economico sono aperti più di 230 tavoli, con almeno 300mila lavoratori coinvolti e per 40mila di questi c’è il serio rischio di rimanere disoccupati.
Una crisi che colpisce soprattutto alcuni settori produttivi quali le telecomunicazioni, i trasporti il tessile ma anche tutta la filiera legata alla produzione delle vetture. E’ il caso ad esempio degli stabilimenti di Termini Imerese, che forse finalmente hanno trovato una soluzione ai loro problemi con il frazionamento dell’attività, ma anche ad esempio di Irisbus e Fincantieri o ancora della Pansac che ha ancora un organico di 750 dipendenti e si trova in amministrazione straordinaria dopo un paio d’anni di sofferenza.
E non è sempre colpa di chi abbia mal gestito l’amministrazione delle aziende, perché spesso in negativo pesano i ritardi nei pagamenti da parte degli Enti statali, che possono anche arrivare ad oltre 200 giorni di ritardo, o ancora dei clienti formali che vanno dai quattro ai sei mesi. E con le banche che hanno ormai da tempo ristretto il cordone della borsa per i prestiti e la liquidità sono in troppi a voler chiudere, senza alternative per i dipendenti.
Sono soprattutto le prospettive ad allarmare: il Centro Studi di Confindustria stima un tasso di disoccupazione in crescita sino al 9% entro la fine del 2012 e per il 2013 i dati non paio migliori anche perché si assisterà ad una diminuzione di rientri da parte delle persone che ora godono della Cassa integrazione. Nella riforma prevista dal ministro Fornero, che subito dopo il 6 gennaio riprenderà le trattative con le parti sociali, c’è anzitutto la necessità di rivedere le forme contrattuali riducendole al massimo a quattro o cinque e al contempla aumentare il peso dei contratti flessibili. Tutte idee da trasformare in realtà.
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