A Roma si discute ancora si forme di contratto e articolo 18.
Ma intanto la popolazione tra i 18 e i 29 anni patisce una situazione contrattuale che definire anomala è eufemistico: infatti il 12,4% dei lavoratori italiani ha un contratto non standard e un quarto di loro è rappresentato proprio dai giovani.
E’ il risultato dell’indagine ‘Isfol Plus’ rilevazione sull’offerta di lavoro che prende in esame circa 40mila individui attivi tra i 18 e i 64 anni. I dati più rilevanti sono che il 65,5% degli occupati italiani ha un contratto a tempo indeterminato e il 18,2% un’attività autonoma continuativa mentre la quota di apprendisti è pari all’1,4% ai quali si aggiunge quel 12,4% inquadrato in maniera anomala di cui sopra.
Andando più nel dettaglio della posizione di chi abbia meno di 30 anni, il 54% di loro è a tempo indeterminato, poco meno del 10% sono autonomi, circa l’8% ha un contratto di apprendistato e quasi il 25% è inquadrato nell’ambito del lavoro atipico. In particolare si tratta di donne, laureati e residenti nelle regioni meridionali. In questo comparto, la metà dei dipendenti a termine ha una continuità che va dai 7 ai 12 mesi e solo un quarto supera l’anno.
Inoltre nel periodo 2008-2010 solo il 37% dei lavoratori atipici è passato a un’occupazione standard, mentre il 43,1% è rimasto nella condizione originaria e circa il 20% è finito nel gruppo dei senza lavoro. Tra chi era in cerca di un’occupazione la percentuale di chi ha trovato un lavoro standard è pari circa al 16%, analoga a quella di chi ha invece ottenuto un lavoro atipico, mentre quasi il 60% è rimasto nella stessa condizione e poco meno del 10% è confluito nell’inattività.
Dati che se confrontati con quelli del biennio precedente, ossia dal 2006 al 2008, confermano come il tasso di passaggio da un’occupazione non standard al lavoro tipico sia sceso di 9 punti percentuali (dal 46% al 37%). Ma conforta almeno pensare come i lavoratori atipici siano comunque più attivi nel cercare un’occupazione rispetto a chi sia in cerca di un primo lavoro.
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