A lanciare l’allarme è la Cgia di Mestre, tra i mestieri destinati a scomparire in futuro, secondo l’elaborazione degli artigiani mestrini, troviamo: per quanto riguarda le campagne gli allevatori di bestiame nel settore zootecnico e i braccianti agricoli, nell’artigianato invece i pellettieri, i valigiai, i borsettieri, i falegnami, gli impagliatori, i muratori, i carpentieri, i lattonieri, i carrozzieri, i meccanici auto, i saldatori, gli armaioli, i riparatori di orologi e di protesi dentarie, i tipografi, gli stampatori offset, i rilegatori, i riparatori di radio e Tv, gli elettricisti, gli elettromeccanici, addetti alla tessitura e alla maglieria, i sarti, i materassai, i tappezzieri, i dipintori, gli stuccatori, i ponteggiatori, i parchettisti e i posatori di pavimenti.
Se si pensa che tutto questo porterà alla perdita di 385.000 posti di lavoro, è lecito chiedersi quanto lo studio dell’associazione artigiani e piccole imprese sia veritiero e nel caso, perché si va incontro a questa realtà. Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ammette che lo studio è costruito ipotizzando il mancato cambiamento dei fabbisogni occupazionali del mondo del lavoro italiano nei prossimi anni, il problema maggiore è che non ci sono abbastanza giovani a garantire il ricambio dei futuri pensionati.
Bortolussi ha le idee chiare: “Innanzitutto bisogna rivalutare, da un punto di vista sociale, il lavoro manuale e le attività imprenditoriali che offrono queste opportunità. Molti genitori arrivano a far intraprendere un mestiere al proprio figlio presso un’azienda artigiana solo se il giovane è reduce da un fallimento scolastico, per cui l’occupazione diventa un ‘refugium peccatorum’”.
La necessità è dunque prima di tutto culturale, riportare in auge, agli occhi dei ragazzi e delle famiglie italiane, il made in Italy e che sia un motivo di orgoglio e non di delusione: “Bisogna fare una vera e propria rivoluzione culturale per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo di perdere”.
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