Lavorare fa bene, perché aiuta ad aumentare la stima in sè stessi e rappresenta una tra le azioni più gratificanti per l’essere umano che, oggigiorno, sembra aver perso sempre di più l’identità di cittadino a favore di una sempre più marcata identità lavorativa.
Il lavoro, negli ultimi 30 anni, ha rappresentato per molti individui un vero e proprio meccanismo di identificazione che esulasse esclusivamente dal lavoro in sé, diventando piuttosto una sovrapposizione di identità politica, sociale e professionale, eppure man mano che i tempi cambiano, questo forte senso di identità sembra perdersi con la perdita della stabilità lavorativa.
L’emergere di forme di contratto eccessivamente flessibili che sfociano sempre di più nel precariato, sinonimo di incertezza e di instabilità, hanno contribuito alla creazione di nuovi malesseri in ambito lavorativo, mai conosciuti prima: difatti una ricerca condotta dagli esperti dell’Australian National University di Canberra e pubblicata sulla famosa rivista Occupational and Environmental Medicine, ha messo in luce che condizioni di lavoro sfavorevoli, come sfruttamento e vessazioni da parte di colleghi o datori di lavoro, sono deleterie per il lavoratore che a lungo andare, potrebbe sentirsi demotivato e stressato rispetto al proprio lavoro.
Il dottor Moosajee Bhamjee, curatore diretto della ricerca, dopo aver studiato la condizione psicologica ed emotiva di ben 7.000 persone usate come campione d’analisi, ha dichiarato che “Nel caso in cui le persone siano infelici nel proprio contesto lavorativo, dovrebbero lasciare o cambiare lavoro. Anche se i tempi sono difficili, perché ostinarsi a perpetrare quello stato di cose, potrebbe fortemente compromettere lo stato di salute psicofisica del lavoratore stesso”.
Insomma, trovare un lavoro di scarsa qualità a lungo a andare può rivelarsi molto più dannoso che rimanere disoccupati, in quanto una professione mal retribuita e temporanea può divenire fonte di continuo stress per centinaia e centinaia di lavoratori che potrebbero riversare questo malessere all’interno delle proprie famiglie, compromettendo altresì l’equilibrio del proprio contesto familiare.
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