E’ uno dei passaggi essenziali della lettera consegnata dal premier Berlusconi all’Unione Europea, diventerà realtà nei primi mesi del 2012: quello dei licenziamenti facili è un passaggio che terrorizza i lavoratori dipendenti sin da oggi, ancora prima della sua entrata in vigore perché introduce un principio difficile da accettare: fuori per colpa della crisi economica.
Un provvedimento che ovviamente dev’essere ancora approvato ma, salvo crisi di governo che portino ad elezioni anticipate, ormai ineluttabile: entro il prossimo maggio sarà approvata una riforma della legislazione del lavoro che, come recita il documento, “è funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell’impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato”, ma impone anche “più stringenti condizioni nell’uso dei ‘contratti para-subordinati’ dato che sono spesso utilizzati per lavoratori formalmente qualificati come indipendenti ma sostanzialmente impiegati in una posizione di lavoro subordinato”.
Inoltre sono previste riforme nel campo della mobilità nella pubblica amministrazione: saranno infatti resi effettivi “la mobilità obbligatoria del personale, la messa a disposizione (Cassa integrazione) con conseguente riduzione salariale e del personale, il superamento delle dotazioni organiche”. In caso contrario verranno applicate sanzioni e provvedimenti. Sostanzialmente chi non accetterà perderà il posto, mentre ci rientrerà nella categoria dei ‘disponibili’ senza mansione specifica finirà in una specie di Cassa integrazione a salario ridotto
Come funzionerà effettivamente il ‘licenziamento facile’ ancora non è chiaro. Sicuramente non esisteranno più le tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e soprattutto verrà legalizzata la scelta di un’azienda, anche superiore alle 15 unità, di licenziare o mettere in mobilità i propri dipendenti se fattori economici esterni glie lo impongano.
Ovviamente irata la reazione dei sindacati italiani, per una volta uniti e compatti contro la riforma. Per Susanna Camuso, segretario della Cgil, “lo spirito riformatore del governo si traduce in un ennesimo attacco, sui licenziamenti, sul lavoro precario, sulle pensioni. Abbiamo visto le dichiarazioni di altre organizzazioni sindacali e siamo per proporre a tutti un’ iniziativa di mobilitazione unitaria che rimetta al centro le ragioni del lavoro e della crescita ancora una volta negate da questo governo”, mentre Raffaele Bonanni, omologo della Cisl, dice che “così facendo si attaccano solo i più deboli, reagiremo subito perché non siamo d’accordo. Permettere i licenziamenti per motivi economici è solo uno specchietto per le allodole per le imprese. Il risultato è istigare le persone alla ribellione”.
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