A modo suo è il tipo di lavoro che negli anni riesce a resistere anche alla crisi. Il part-time sembra essere il più richiesto dai datori di lavoro, felici di trasformare i contratti a tempo pieno in tempo parziale, e il più accettato dai lavoratori in mancanza di meglio.
Un fenomeno che statisticamente interessa maggiormente le donne. Secondo gli ultimi dati Istat quasi un terzo delle donne occupate lo fa a mezzo servizio. Su un totale di 9,322 milioni di lavoratrici (per un tasso di occupazione che tocca il 46,5%), quelle impiegate solo per poche ore al giorno corrispondono al 29,2%, ossia 2,724 milioni. Una percentuale molto inferiore a quella maschile che è solo del 5,8%.
In Italia complessivamente gli assunti con orario ridotto sono complessivamente 3,483 milioni, in aumento del 2,3% rispetto ai primi tre mesi del 2010. Rispetto al periodo pre-crisi economica quindi se complessivamente il mondo del lavoro nel nostro Paese si è atrofizzato non così è per il comparto del part time cresciuto complessivamente del 4%.
Nulla di cui esultare comunque, ché in molti caso al lavoro con orario ridotto corrisponde anche una diffusa abitudine al precariato. Sempre secondo l’Istat nel primo trimestre dell’anno su 2,131 milioni di dipendenti a termine, almeno 547.000 risultano a tempo parziale. E non c’è nulla di che stupirsi se emerge che gran parte di chi non lavora a tempo pieno, ossia circa 1.860 milioni si trova al Nord, visto che comunque è nell’Italia settentrionale che si registra la quota maggiore di occupati in Italia.
E al fenomeno del precariato e del part time per nulla sicuro è legato anche lo ‘shock da crisi’. Una malattia psicosomatica che si manifesta con senso di stordimento, calo di attenzione, digestione difficile, mal di testa, irritabilità, abbassamento d’umore e dolori muscolari. Una sindrome che si manifesta soprattutto al rientro dalle vacanze estive, normalmente quelle più lunghe, e che è vieppiù legato alla crisi economica. Interessa soprattutto quindi lavoratori part time e a progetto, quelli che possono contare su meno certezze per il futuro e si trova ai margini del mercato del lavoro.
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