Febbraio, per i lavoratori dipendenti in Italia, è stato un mese inutile. Perché come conferma l’Istat, gli stipendi sono rimasti sostanzialmente fermi e soprattutto ci sono diverse categorie ancora in attesa di un rinnovo del loro contratto, alcuni da molti anni.
La crescita degli stipendi nel primo bimestre del 2013 la retribuzione è cresciuta dell’1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2012 anche se l’indice nazionale dei prezzi al consumo è cresciuto dell’1,9% rispetto al febbraio 2012. Quindi nel confronto annuo, tra andamento dell’inflazione e quello degli stipendi risulta una differenza di mezzo punto percentuale. In particolare i settori che a febbraio presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono alimentari bevande e tabacco con un +3,6%, i tessili, abbigliamento e lavorazioni pelli (+2,8%) pubblici esercizi e alberghi (+2,7%). Praticamente invariati invece energia e petroli, telecomunicazioni ma anche la pubblica amministrazione.
Passando ai contratti, alla fine di febbraio 2013 quelli con contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore (quindi rinnovati) nella loro parte economica corrispondono al 58,4% degli occupati dipendenti; quindi i lavoratori in attesa di rinnovo sono il 41,6% nel totale dell’economia e il 24,5% nel settore privato. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di 27,4 mesi mentre era di 25,9 mesi nel 2012 per tutti occupati e di 14,8 mesi per quelli esclusiva mete del settore privato.
Altro dato preoccupante è quello legato agli scoraggiati che formalmente rientrano tra gli inattivi, ma soprattutto non hanno più volontà di cercare un lavoro. Se gli inattivi complessivamente sono diminuiti del 3,9%, al contrario gli scoraggiati sono aumentati nel complesso del 5,3%, con un rialzo del 13,3% tra i 45-54enni e del 23,1% tra i 55-64enni. Un po’ meglio va per gli Under 35, con una quota calata del 5,1%.