Al momento è solo una proposta che il governo sta mettendo a punto e che poi dovrebbe essere approvata, anche per non incorrere nelle salatissime multe europee. Ma il congedo parentale part-time, che è norma decisamente innovativa per l’Italia anche se estremamente utile, presto potrebbe diventare effettivo.
All’atto pratico rappresenta la possibilità per entrambi i genitori, quindi non più solo le mamme, di astenersi dal lavoro contemporaneamente entro i primi 8 anni di vita del bambino. Un principio che vale anche per i genitori adottivi o affidatari, sempre entro i primi otto anni ma in questo caso dall’ingresso del minore nel nucleo familiare, con un diritto che cessa comunque al raggiungimento della maggiore età del figlio.
Può essere richiesto da lavoratori dipendenti, esclusi quelli a domicilio o gli addetti ai servizi domestici, titolari di uno o più rapporti di lavoro in atto, ma anche da collaboratori a progetto, o ancora coordinati e continuativi, titolari di assegni di ricerca in possesso di 3 mesi di contribuzione nei 12 mesi precedenti il mese di inizio del congedo obbligatorio di maternità o paternità, e lavoratrici madri autonome (artigiane, commercianti, coltivatrici dirette colone, mezzadre, imprenditrici agricole professionali) per tre mesi.
Con la nuova norma entrambi i genitori potrebbero lavorare solo metà giornata e stare in congedo l’altra metà in modo da poter raddoppiare i giorni di congedo per stare con i figli e consentire più entrate a fine mese perché il congedo parentale viene comunque retribuito al 30% dello stipendio. Si tratta però di capire come verrà effettivamente applicato anche se la direttiva europea parla chiaro: “La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa”. Dipenderà quindi aspettare l’approvazione dei contratti collettivi nazionali, ma sarebbe una piccola e significativa rivoluzione.