I soldi per rilanciare il lavoro ci sono, quelli per aumentare il numero degli esodati al momento no. Sono questi gli ultimi due provvedimenti del governo che vedono al centro il ministero guidato da Elsa Fornero che ha appena firmato il decreto ministeriale per l’attivazione di un fondo da oltre 230 milioni di euro a sostegno dell’inserimento lavorativo di donne e giovani.
Per ora ha però bocciato la nuova proposta di legge per riformare le pensioni.
In 230 milioni serviranno come incentivo ai datori di lavoro purché le assunzioni o le stabilizzazioni di personale, anche a tempo parziale, avvengano entro il 31 marzo 2013 e soprattutto interessino giovani fino a 29 anni o donne, indipendentemente dall’età. In specifico un contributo di 12 mila euro spetta a tutte le aziende che assumono un giovane e una donna con un contratto a tempo indeterminato o che convertono in un’ assunzione stabile un precedente inquadramento precario. Inoltre se la nuova assunzione ha una durata di almeno 12 mesi, il contributo statale è di 3 mila euro e cresce sino a 4 mila euro per i contratti con una scadenza superiore a 18 mesi. Se poi il rapporto di lavoro dura oltre 2 anni, l’incentivo arriva sino a 6 mila euro.
Si prevedono così complessivamente 20 mila nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato o 80 mila con contratti a termine. A gestire i contributi sarà l’Inps, presso il quale le imprese dovranno presentare le domande attraverso un canale telematico ancora da stabilire e tutte le richieste di incentivi saranno valutate in ordine cronologico, quindi chi prima presenta domanda sarà anche più agevolato nell’ottenere i fondi.
Resta per ora invece fermo il disegno di legge proposto dall’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano e appoggiato da Pd, Pdl, Udc e opposizioni che prevedeva una serie di scalini per permettere ai lavoratori che oggi abbiano 58 anni di andare in pensione con 35 anni di contributi fino al 2017. Ma servirebbero 5 miliardi di euro, una cifra al momento non reperibile seondo il governo. Il principale obiettivo della proposta Damiano era quello di consentire ai lavoratori oggi esclusi di avere invece le stesse deroghe stabilite per i primi 120 mila salvaguardati dopo la riforma. Una sperimentazione che doveva estendersi sino al 2017 con la possibilità di andare in pensione per uomini e donne grazie al sistema contributivo in una età compresa fra i 57 e i 60 anni.
Il progetto prevedeva inoltre l’estensione della salvaguardia a quei lavoratori che abbiano firmato accordi di mobilità entro il 31 dicembre 2011 anche in sede non governativa e anche a coloro che maturano il diritto alla pensione entro 24 mesi dalla fine della mobilità. Al tirar delle somme servivano 240 milioni di euro per il 2013, 630 milioni nel 2014, 1.040 miliardi nel 2015, 1.220 miliardi nel 2016, 1.030 miliardi nel 2017, 610 milioni per il 2018 e 300 milioni dal 2019.