I dati sul lavoro in Italia arrivano puntuali e altrettanto puntuali confermano la crisi di assunzioni, soprattutto per quello che riguarda il mondo giovanile. Almeno un ragazzo su tre di quelli compresi nella fascia tra i 15 e i 24 anni è infatti disoccupato o inoccupato, con un tasso di disoccupazione salito a febbraio al 9,3%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio.
Lo dice l’Istat che attesta il livello più alto dal gennaio 2004, con un drammatico 31,9% di disoccupazione giovanile, mentre complessivamente il numero di disoccupati è aumentato su base annua del 16,6%, ossia di 335mila unità, portando il totale a 2.354.000, cioè 45mila in più rispetto ai dati già allarmanti di gennaio.
Analizzando gli altri dati emerge come nel quarto trimestre 2011 il tasso di disoccupazione si attesta al 9,6%, ossia nove decimi di punto in più rispetto a un anno prima e ai livelli massimi dal quarto trimestre del 1999, con un picco del 49,2% per le giovani donne del Mezzogiorno mentre l’occupazione maschile è aumentata soltanto dello 0,1%, tanto che su base annua è calata dello 0,4%. In più è salita l’incidenza della disoccupazione di lunga durata, passata dal 48,4% del quarto trimestre 2010 al 50,6%.
Unici dati in discesa sono quelli relativi al numero complessivo degli inattivi tra i 15 e i 64 anni calati rispetto al mese di febbraio dello 0,2%. E tra gli attivi, in salita il numero di quelli che non cercano un lavoro ma disponibili (+5,5%, pari a 73.000 unità) così come di quanti ne cercano uno non attivamente (+4,3%, pari a 63.000 unità). Parimenti si riduce invece il numero di inattivi che né cercano un lavoro né sono disponibili a lavorare: sono -0,8%, pari a -100.000 unità.
Non consola molto pensare che è tutta l’Eurozona ad essere colpita da questa recessione nell’occupazione: la disoccupazione infatti è salita al 10,8% a febbraio, raggiungendo il massimo da quasi 15 anni con punte del 23,6% in Spagna e del 21% in Grecia. I Paesi con i tassi di disoccupazione più bassa sono invece Austria (4,2%), Olanda (4,9%), Lussemburgo (5,2%) e Germania (5,7%).
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