La riforma del lavoro sarà probabilmente messa nero su bianco oggi, con l’ultimo incontro tra Governo e Parti Sociali.Ma le linee ormai sono tracciate soprattutto per quello che riguarda l’articolo 18 e gli ammortizzatori sociali, che andranno definitivamente a regime nel 2017 e per i quali ci saranno risorse fino a 1,8 miliardi.
Una dote garantita dal ministro Fornero che ha parlato di fondi certi, calcolati sulle proiezioni di spesa basate sull’allargamento della base dei lavoratori protetti. Il nuovo modello entrerà a regime nel 2017 e funzionerà con la cassa integrazione estesa a tutti i settori ma anche con la cassa integrazione straordinaria e la nuova Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), che prende il posto delle attuali indennità di disoccupazione e sarà estesa anche a tutti i lavoratori con contratto a termine del settore privato e pubblico, compresi gli apprendisti.
Ecco tutte le novità sostanziali, punto per punto.
ARTICOLO 18: fino ad oggi garantiva ai lavoratori delle imprese con più di 15 dipendenti il reintegro al lavoro nel caso di licenziamenti senza giusta causa. Con la riforma tutti i lavoratori potranno essere licenziati per motivi economici. Qualora il giudice dovesse ritenere il provvedimento dell’azienda illegittimo il lavoratore non potrà essere reintegrato in azienda ma riceverà un indennizzo di 15-27 mensilità tenendo conto dell’ultima retribuzione.
Sarà anche possibile il licenziamento per ragioni disciplinari ma in caso di provvedimento illegittimo il giudice potrà decidere o il reintegro del lavoratore o una indennità fino a 27 mensilità in base all’anzianità. In caso di licenziamenti discriminatori resta il diritto al reintegro al lavoro che viene esteso anche alle aziende con meno di 15 dipendenti che attualmente sono escluse
AMMORTIZZATORI SOCIALI: l’assegno per chi perde il lavoro sarà pari a un massimo di 1.119 euro con una durata non superiore ai 18 mesi mentre oggi la mobilità può arrivare fino a 36 mesi per gli over 50. In particolare la Cassa integrazione ordinaria non verrà toccata, quella Straordinaria
rimarrà in vigore ma solo in caso di ristrutturazioni e non per cessazioni di attività. La Cassa in deroga sarà sostituita dall’Aspi, così come Indennità di mobilità e Indennità di disoccupazione. L’Aspi si applicherà quindi a tutti i lavoratori privati con contratto a tempo indeterminato e determinato e ai dipendenti della pubblica amministrazione a termine. Vale anche per gli apprendisti e gli artisti. I requisiti per accedervi sono: 2 anni di anzianità e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. Dura 12 mesi, 18 per i lavoratori over 55 anni. Si abbatte del 15% dopo i primi 6 mesi e di un ulteriore 15% dopo altri 6. Nel complesso riduce i tempi di percezione degli attuali sussidi. Prevede un’indennità con un tetto a 1.119 euro. L’aliquota contributiva è dell’1,3% per chi lavora a tempo indeterminato e dell’1,4% per chi non lo è. E’ previsto anche un contributo di licenziamento da parte delle imprese da versare all’Inps per i rapporti a tempo indeterminato. Si applica anche agli apprendisti nei casi diversi dalle dimissioni.
CONTRATTI: quello a termine oggi dura al massimo 36 mesi, non può superare il 10% della forza lavoro e prevede diritti del tempo indeterminato. Con la riforma aumenteranno i contributi a carico delle imprese (1,4% in più) per finanziare l’Aspi ma a chi stabilizza il rapporto di lavoro saranno restituiti 6 mesi di maggiorazione. Quanto all’apprendistato diventerà il canale privilegiato per l’accesso dei giovani al mondo del lavoro e dovrà avere una durata minima con l’obbligo di trasformare una parte degli apprendisti in dipendenti a tempo indeterminato.
Inoltre la Partita Iva si trasformerà in collaborazione subordinata qualora si dimostri che il rapporto di lavoro superi i 6 mesi in un anno, valga oltre il 75% dei ricavi del lavoratore e il lavoratore abbia una postazione presso il committente. Infine saranno regolamentati maggiormente sia i part-time che le collaborazioni, con contributi maggiori per i contratti a progetto. Saranno cancellati gli stage non retribuiti ma anche l’imposizione delle ‘dimissioni in bianco’.
Puoi votare l'articolo anche qui, gli articoli precedenti qui.