Al massimo un mese e il mondo del lavoro in Italia dovrebbe conoscere la sua prima vera rivoluzione del 21° secolo. Sempre che ci si arrivi perché le tensioni e le visioni diverse sono talmente grosse da non garantire nulla. Ma il ministro Fornero è convinta: l’unica strada per una riforma seria, duratura e soprattutto efficace è quella del ‘contratto unico’.
Il punto di partenza dovrebbe essere il documento che nel 2010 venne presentato dagli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi e che allora era stato accolto con favore anche dai sindacati, anche perché non toccava nei suoi punti cardine il tanto discusso articolo 18 e con questo la possibilità di licenziamento facile da parte delle aziende, grandi o piccole che fossero.
In questo senso sembrano potersi leggere le parole di Mario Monti: “Il nostro obiettivo resta quello di ridurre la frammentazione dei contratti e far andare di pari passo la riforma del mercato del lavoro con quella degli ammortizzatori sociali. E dovremo dar vita ad una maggiore mobilità che protegga il lavoratore ma non renda confusionale il mercato del lavoro”. In sostanza il punto da cui parte l’idea del contratto unico è quello di eliminare in un colpo tutte le forme presenti sul mercato sino ad oggi che in Italia sono ben 48 diverse.
E’ questa la causa maggiore dei bassi guadagni soprattutto di giovani e donne, con la media di salario più bassa d’Europa, circa il 32% in meno. La soluzione si chiama quindi CUI, ossia Contratto Unico d’Ingresso: a seconda del tipo di lavoro potrà avere una durata di tre anni con una seconda fase di stabilità nella quale al lavoratore vengono garantite tutte le tutele di un normale contratto di lavoro. Il periodo di prova o apprendistato come lo si voglia definire potrebbe allungarsi di tre anni terminando quindi in una assunzione vera e propria a tempo indeterminato
Inoltre nel periodo di prova non si applica l’articolo 18 (come avviene anche ora) mentre nel caso di licenziamento con motivazioni che non siano quelle disciplinari il datore di lavoro non è tenuto a reintegrare il dipendente ma potrà versare un risarcimento calcolato nella paga di cinque giorni lavorativi per ogni mese lavorato. Il contratto a tempo determinato invece prevede uno stipendio annuo inferiore ai 25mila euro lordi con un tetto limitato. Ma come funzione negli altri Paesi europei? Varia di nazione in nazione, passando dai 1.350 euro lordi mensili della Francia ai soli 600 della Spagna.
Quanto agli ammortizzatori sociali si cercherebbe di semplificare l’attuale sistema che oggi prevede tre situazioni, ossia cassa integrazione ordinaria, cassa straordinaria e mobilità. L’intento sarebbe tornare al vecchio sistema della cassa integrazione ordinaria da impiegare soltanto in caso di crisi cicliche e temporanee del settore in questione.
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