Lo va ripetendo da tempo Mario Monti: le riforme del suo governo non possono prescindere da un rilancio del lavoro, soprattutto con incentivi veri per i giovani.Ecco perché nella cosiddetta ‘Fase 2’ della riforma sarà inserito un pacchetto apposito con le riforme per rilanciare le assunzioni in Italia.
Ad interessarsene in prima persona sarà il ministro del Welfare Elsa Fornero che ha due obiettivi: da una parte mettere a punto il contratto unico per i giovani neoassunti, dall’altra ottimizzare la revisione delle regole sui licenziamenti individuali. E in effetti resta questo lo scoglio principale da affrontare, ché le imprese da quando è stata introdotta la Riforma Biagi hanno pensato soprattutto ad assunzioni a tempo determinato per cautelarsi contro la permanenza a vita di un lavoratore.
Così il governo, per garantirsi l’appoggio del parlamento, dovrà effettuare opera di mediazione tra le voglie di flessibilità e le norme previste dall’articolo 18. L’impressione è che per realizzare tutto questo prenderà come base di partenza le proposte avanzate negli ultimi giorni da parti diverse della politica italiana.
Come ad esempio quelle del professor Ichino, giuslavorista che pur militando nelle fila del Pd ha posizioni diverse da quelle del suo partito. Il suo modello è quello della ‘flexsecurity’, già attuata con successo nei Paesi del Nord Europa: il datore di lavoro può licenziare un dipendente anche se quest’ultimo abbia un contratto a tempo indeterminato. Così da una parte le aziende potrebbero assumere più personale con contratti più duraturi, ma dall’altra a loro non si applicherebbero tutte le tutele previste dall’articolo 18 a cominciare da quella che obbliga al reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa o giustificato motivo per le aziende sopra i 15 dipendenti. Chi venisse licenziato però sarebbe tutelato dallo stato con indennità di disoccupazione più generose che coprano fino al 90% dell’ultima retribuzione e le stesse imprese si dovrebbero assumere parte di tali costi, così come dovrebbero finanziare programmi di reinserimento professionale nei confronti dei lavoratori licenziati.
Altra proposta, avanzata dall’economista Tito Boeri e dall’ex sindacalista della Cgil Paolo Nerozzi (oggi nel Pd) prevede che i neo-assunti entrino in azienda con un cosiddetto ‘Contratto Unico di Inserimento’ che sostituisca quello a tempo determinato. Anche in questo caso sarebbero sospese le tutele previste dall’articolo 18 per i primi 36 mesi di lavoro: in caso di licenziamento nei primi tre anni, scatterebbe per i lavoratori un’indennità da 1 a 6 mesi di stipendio, sulla base degli anni di servizio e al termine dei tre anni scatterebbero di nuovo le norme consuete dell’articolo 18.
Invece il giuslavorista Giuliano Cazzola, deputato Pdl, avanza la proposta di un’eliminazione totale della parte dell’articolo 18 per quello che riguarda i licenziamenti individuali senza giusta causa dando in cambio un aumento delle indennità risarcitorie in favore del lavoratore licenziato, fino a 30 mesi di stipendio.
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