D’ora in poi il mondo del lavoro nel nostro continente sarà regolato da una profonda riforma, appena approvata dal Parlamento europeo: si tratta della direttiva sul ‘permesso unico’ che regola la residenza e il lavoro e tutela gli extracomunitari che lavorano legalmente nell’Unione europea.
A loro, per legge e in tutti gli stati membri, saranno garantite pensione, sicurezza sociale, pari diritti, condizioni di lavoro e accesso ai servizi pubblici.
Come a dire che i contratti sono uguali per tutti, con diritti e doveri. E così tutti i lavoratori extracomunitari interessati dal provvedimento potranno ottenere il permesso di lavoro e quello di residenza attraverso una procedura unica.
In pratica tutti i possessori del permesso unico di soggiorno, valido per i Paesi che lo riconoscono, potranno godere di pari trattamento con i cittadini della Comunità Europea per tutte le materie che interessano il riconoscimento delle qualifiche professionali e derivanti dallo studio ma anche in materia fiscale, per la formazione professionale e l’accesso alle tutele sociali, ivi compresi i sussidi di disoccupazione e il trasferimenti dei diritti sulle pensioni. Nel provvedimento rientrano anche il diritto alla rappresentanza sindacale e l’ingresso nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi sociali previsti dai comuni di residenza.
Toccherà poi ai singoli Paesi decidere se e in quali casi limitare l’accesso ai sostegni familiari e di disoccupazione ai lavoratori in possesso di un permesso valido per meno di sei mesi e restringere il diritto all’alloggio sociale per i cittadini extracomunitari che abbiano un contratto di lavoro in corso. Così come potrà essere rifiutato il sussidio di disoccupazione a chi sia stato ammesso in quella nazione per motivi di studio mentre è previsto l’accesso alla formazione professionale e all’istruzione per gli extracomunitari che hanno un lavoro o figurano come disoccupati.
Gli unici a non poter beneficiare di questo nuovo ‘permesso unico’ saranno i lavoratori stagionali e quelli distaccati oltre a quelli trasferiti all’interno di multinazionale, ma anche i rifugiati. Ora gli stati membri avranno due anni per adeguarsi.
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